AI 50 ANNI DI “TRINITA’ “ C’ERA ANCHE L’ANNUARIO DEL CINEMA ITALIANO & AUDIOVISIVI

Papà Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, che improvvisamente torna a casa dai figli vestito da cow-boy. Terence Hill che non mangia per 3 giorni per apparire credibile e affamatissimo nella scena in cui si abbuffa dalla pentola di fagioli. La partitella di calcio nella pausa delle riprese e il regista Enzo Barboni, in arte E. B. Clucher, che accetta di portare in scena battute improvvisate dagli attori, poi diventate celebri. Una su tutte quella citata da milioni di fan: «Emiliano non tradisce. Emiliano dice tutto».

Genesi e curiosità dal set di “Lo chiamavano trinità” sono state protagoniste dell’incontro che si è svolto a Ca’ Sagredo Hotel in Venezia, organizzato dall’ Associazione Occhio dell’Arte APS, proprio in occasione dell’anno che celebra i 50 anni dall’uscita del film cult.

A dialogare con la giornalista Lisa Bernardini, due “figli d’arte”, oggi ancora impegnati nel mondo del cinema: lo sceneggiatore, regista e scrittore Marco Tullio Barboni (figlio di Enzo Barboni/ E. B. Clucher, che Trinità lo scrisse e lo diresse, inaugurando una pagina indimenticabile del nostro Cinema) e il produttore cinematografico, sceneggiatore e regista Giuseppe Pedersoli (figlio di Carlo Pedersoli/Bud Spencer amatissimo protagonista nello Sport prima e nel Cinema poi).

Tra gli ospiti istituzionali, l’Assessore Simone Venturini e Claudio Scarpa, Console Onorario dell’Uruguay a Venezia nonché Delegato per il Veneto del Grupo Consular de America Latina (che ha patrocinato l’iniziativa insieme ad Ava).

Il fitto dialogo con gli ospiti è stato accompagnato da video e immagini.

«Mio padre non si era mai fatto crescere la barba, non aveva mai recitato. Il suo esordio nel cinema era stata una magia improvvisa. La nascita di questo film poi è stata una

TrinitaBarbonitarga

congiunzione astrale» ha raccontato Pedersoli che in sala aveva anche i fratelli. Tra i tanti aneddoti, si è parlato anche dell’amicizia con Terence Hill: «Un rapporto che è durato tutta la vita. Erano molto diversi: Terence arrivava presto, si preparava come gli attori americani. Mio padre invece improvvisava e ad aiutarlo era la sua natura napoletana. Si stimavano tanto, personalmente e professionalmente, e questo film li sfrutta al meglio nella loro simpatia e presenza scenica così diversa». Nel privato le somiglianze non mancano: «Non hanno mai avuto un’agenda di contatti, non hanno mai chiamato nessuno. A differenza di molti altri attori sono sempre stati molto schivi» hanno raccontato i fratelli Pedersoli, proponendo anche qualche momento di vita quotidiana.

Barboni ha raccontato qualche momento dal set e dalle riprese girate su un campo di proprietà dei mormoni: «Durante la pausa c’era la partitella, Carlo partecipava insieme a macchinisti ed elettricisti. Tante delle battute diventate storiche sono state create lì, sul momento, dalla collaborazione degli attori e in particolare di Bud. Erano infatti concepite in romano o napoletano, poi tradotte in inglese e in italiano. Quello era lo spirito. Mi stupisco quando vedo che non solo persone della nostra generazione le conoscono a memoria ma anche tanti ragazzini e bambini di oggi: a mio padre avrebbe fatto piacere sapere che il suo film ha fatto ridere per generazioni».

Il vicedirettore dell’Ava, Daniele Minotto, e il consigliere Berardo di Francescantonio hanno infine premiato i due ospiti con una targa grazie alla collaborazione con l’Annuario del Cinema Italiano & Audiovisivi.

Scarpa, da console dell’Uruguay e in rappresentanza del Grupo Consular de America Latina che ha voluto patrocinare l’iniziativa: «Sono film che hanno una valenza importante per l’America latina nella quale parte di questi film sono stati ambientati, ovviamente in maniera fittizia. Agli italiani è stata data una visione particolare, esotica e interessante, dell’America Latina. Per questo abbiamo deciso di patrocinare l’iniziativa. Io devo poi confessare di avere una grande passione per i film di Bud Spencer e della coppia, che danno una visione del mondo in cui c’è il bene e c’è anche il male, che però non è mai così malvagio e bastano quattro schiaffoni per sconfiggerlo».

Anche l’assessore Simone Venturini ha raccontato di essere molto legato a questi film: «In un momento in cui in città la grande protagonista è la Mostra del cinema, è giusto che Venezia spalanchi le sue porte anche al di là del Lido. Con queste iniziative portiamo il cinema fuori da quei confini, innervando tutta la città di iniziative».

Tra il pubblico intervenuto, oltre alla famiglia Pedersoli presente per l’occasione (Lupita, la consorte di Giuseppe; il figlio di Giuseppe e Lupita, Alessandro; la nipote di Bud, la produttrice Gaia Gorrini; Diamante, sorella di Giuseppe e figlia più piccola di Bud), si sono riconosciuti altri ospiti di riguardo, come l’attore Luigi Petrucci, il già Titolare della Cattedra di Pittura presso l’ Accademia di Venezia Igor Lecic, l’imprenditrice Damiana Fiorentini. Tra gli omaggi consegnati agli ospiti, anche una medaglia ricordo dell’evento, i libri di Marco Tullio Barboni e le stampe d’autore dell’artista marchigiana Francesca Guidi.