I ragazzi irresistibili

Due i ragazzi irresistibili al teatro argentina di Roma

Ragazzi oggi non lo sono più ma irresistibili lo sono ancora e l’occasione di vederli in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 2 febbraio è, per chi ama il teatro e i suoi migliori interpreti, da non perdere. Umberto Orsini e Franco Branciaroli , rispettivamente 90 e 77 primavere, si sfidano sullo storico palcoscenico romano in I Ragazzi Irresistibili ( The Sunshinw Boys) scritto da Neil Simon nel 1972, regia dell’intelligente Massimo Populizio, in un jeu de massacre portato avanti sul filo dell’ironia, dei colpi bassi, del sarcasmo e di quella maestria che li ha consacrati da decenni come due “mostri sacri” del teatro. Lasciati da parte per una volta i ruoli memorabili e fondamentali della classicità e dell’impegno che hanno costellato le loro lunghe carriere cambiano registro. Con umorismo, smagliante verve e ritmo trascinante

indossano i panni Orsini di Willy Clark, interpretato nella fortunata versione cinematografica del 1975 da Walter Matthau, e Branciaroli di Al Lewis , impersonato da un George Burns di tale bravura da aggiudicarsi un Premio Oscar. Considerato un classico della commedia brillante il testo di Simon ci mostra due ormai anziani attori di vaudeville che, pur detestandosi reciprocamente, hanno lavorato tutta la vita in coppia proprio come “il duo i ragazzi irresistibili” , al secolo Joe Smith e Charles Dale gli artisti ispiratori della commedia. Dovrebbero tornare insieme in un’unica serata televisiva, dedicata ai protagonisti del varietà americano. L’idea li coinvolge ma i contrasti, la stizzosa rivalità e le insofferenze reciproche cresciute nel tempo, tanto da portarli alla separazione professionale, tornano a manifestarsi e a lievitare in occasione di questo occasionale incontro originando un congegno teatrale di irresistibile comicità. Ridare vita al principale numero comico, lo sketch del dottore, che li ha resi famosi si rivela impossibile. In parallelo emerge lo sguardo malinconico dell’autore verso il declino di chi un tempo è stato un protagonista e ora, sul viale del tramonto , mostra tutta la sua fragilità umana. Popolizio nell’attenta regia e i due interpreti, Orsini e Branciaroli, attraverso la loro lunga e profonda esperienza rendono omaggio con uno sguardo di profonda tenerezza al mondo degli attori, alle loro deliziose manie e tragiche miserie. Si ride certo e con eleganza ma secondo buona parte della critica la commedia ricorda il ben più impegnativo Beckett di Finale di Partita e perfino

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Čechov del Il Canto del Cigno. In Beckett una coppia, padrone e servo, uno incapace di reggersi in piedi e l’altro di sedersi, isolati in una casetta lontana da tutto pur avendo litigato tutta la vita e continuando a farlo, sono costretti dalla loro situazione ad essere reciprocamente dipendenti. In Čechov un attore famoso ma ormai anziano e malato svegliandosi dopo lo spettacolo, ubriaco e in un teatro ormai chiuso scopre che il suo decennale suggeritore vi vive, nascosto in un camerino. A lui , anch’egli veterano del palcoscenico, declamerà i suoi cavalli di battaglia in una sorta di doloroso “canto del cigno” nella solitudine di un palcoscenico vuoto. Scriveva il grande Mario Scaccia nella poesia Il Camerico :” Di fuori il mondo. Della vita vera a me non giunge in questo spazio breve l’eco. Le lampadine intorno alla specchiera annunciano che una chimera dovrò fare di carne e le mie leve sono i ceroni, una matita, un pettine d’oro e quella foto che m’accompagna sempre più ingiallita. La guardo e nell’anima si mettono memorie e l’infinita malinconia dell’ignoto”.