Natale… in bianco! L’allarme dei professionisti della montagna

Prima di tutto viene la salute, ma il danno al settore turistico è colossale.

Con la chiusura delle piste per lo sci alpino e degli impianti di risalita fino al 7 gennaio, la stagione invernale è compromessa. Le festività natalizie e di fine anno hanno sempre rappresentato per gli operatori della montagna il periodo più proficuo dell’anno. La sospensione delle attività in queste settimana si traduce in una consistente perdita economica per albergi, ristoranti, rifugi, esercizi commerciali, società che gestiscono gli impianti e per tutti coloro che costituiscono la filiera dell’intero comparto. Forte sconcerto è stato espresso dai 15mila maestri di sci e dalle 400 scuole di sci dell’AMSI, l’associazione di categoria. Il Presidente del Collegio Nazionale Maestri di Sci, Giuseppe Cuc, e il Presidente dell’Associazione Maestri di Sci Italiani, Maurizio Bonelli, hanno manifestato grande preoccupazione anche per alcuni messaggi mediatici che superficialmente hanno demonizzato il turismo invernale. I Maestri di Sci – hanno ricordato – fanno parte del “sistema montagna” e hanno già dimostrato competenza e responsabilità sospendendo l’attività già il 10 marzo scorso in presenza della prima ondata della pandemia. Ora, questo secondo periodo di inattività costituisce una perdita economica irreparabile, sopratto per coloro che vivono essenzialmente con la didattica sulle piste nell’insegnamento dello sci alpino e dello snowboard. In questo contesto, il Collegio Nazionale Maestri e l’Associazione Maestri di Sci Italiani hanno richiamato l’attenzione del Governo e di tutti coloro che hanno peso nella gestione di questa calamità, affinché nelle prossime settimane il settore non sia nuovamente dimenticato o, peggio, ritenuto sacrificabile come in parte già avvenuto in passato. Alla riapertura delle piste, i Maestri di Sci garantiscono consapevolezza nello svolgimento delle lezioni in presenza della pandemia e sono preparati a prevenire il contagio in ogni fase dello svolgimento della loro attività. Al grido d’allarme di questi professionisti della neve ha fatto eco quello degli operatori degli impianti di risalita. La presidente dell’ANEF (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari), Valeria Ghezzi, ha lanciato un appello al Governo per avere certezze sulla data di riapertura o non apertura e sul sostegno economico agli esercenti e a tutti i lavoratori del comparto. Consapevole della drammaticità del momento con centinaia di morti al giorno per il Covid-19, la Ghezzi ha evidenziato la complessità del settore che per riprendere l’attività ha bisogno di una programmazione tecnica e logistica precisa per non affrontare a vuoto nuove ingenti spese.

Valeria Ghezzi, Presidente Nazionale ANEF

Pochi infatti sanno che in un comprensorio sciistico gli impianti non si accendono spingendo un bottone, ma occorre un lavoro di coordinamento tra uomini, mezzi , strumenti e macchinari molti giorni prima dell’avvio dei motori. Gli esercenti italiani hanno anche espresso perplessità per quelle stazioni, vedi la Svizzera, che oltralpe tengono aperti gli impianti creando una situazione di concorrenza allarmante. Sono molti ad osservare che buona parte dei turisti che dovessero optare per una vacanza in altre località estere potrebbero non tornare anche nelle prossime stagioni. L’ ANEF, a livello nazionale, è l’unica associazione di categoria del settore riconosciuta da Confindustria, aderisce a Federturismo ed è anche l’unico interlocutore accreditato presso le organizzazioni sindacali ai fini del rinnovo del CCNL di settore. In ambito internazionale, ANEF aderisce a FIANET (Fédération Internationale des Associations Nationales d’exploitation de telepheriques) e OITAF (Organizzazione Internazionale Trasporti A Fune). Attualmente fanno capo ad ANEF circa il 90 per cento delle aziende funiviarie italiane, distribuite sia nei territori alpini, sia in quelli appenninici, sia nelle isole. La rappresentatività è assicurata dall’adesione diretta, o tramite sezioni territoriali, di oltre 1.500 impianti, con una forza lavoro stimata di circa 13.000 unità, tra fissi e stagionali, nel periodo di piena attività. Purtroppo la pandemia, il numero dei contagi e soprattutto il drammatico numero delle vittime inducono a una riflessione che necessariamente fa rima con sospensione delle attività. E’ però necessario l’impegno di tutti, amministratori, operatori e pubblico perché questa sospensione, anche rigida, conduca effettivamente alla lotta all’infezione che, se non contenuta o auguriamoci ridotta ai minimi termini, potrebbe compromettere non solo quel che resta della stagione turistica invernale, ma anche quella della prossima estate, perché i turisti le prenotazioni le fanno tra gennaio e febbraio o, al massimo, all’inizio della primavera, per non parlare dei tour operator che devono muoversi con grandi incognite molto prima.